Le liste vertiginose

Un atto poetico per dare forma all’irrappresentabile

È cosa piuttosto comune scrivere liste di cose da fare e molto interessante è scriverle per mettere in ordine idee, pensieri e sensazioni. Una lista diventa un modo nuovo di percepire quanto ci circonda e quello che ci abita, in una certa misura può diventare un’immagine che si genera man mano che ogni punto di cui essa è costituita si fonde con gli altri. Potenzialmente infinite, le liste ci aiutano a esplorare i meandri della nostra mente e scoprire a volte mondi infiniti. Fotografia e liste si sono inevitabilmente e intrinsecamente connesse nella mia esperienza: un’enorme quantità di pensieri, sensazioni, idee si è sovrapposta nella mia mente mettendomi di fronte all’impossibilità di trarre delle stesse una rappresentazione fotografica, forma attraverso la quale la mia ricerca artistica generalmente si esprime. Sebbene avessi cominciato a scrivere liste semplicemente per fare ordine nella mia mente, ho finito per scoprire una nuova forma d’arte. Ma come e in che modo una lista può essere definita tale?

Generalmente, per dare forma a qualcosa occorre averne un’immagine mentale piuttosto chiara e dunque saperne definire i confini, la forma e lo spazio che occupa. Ma se ci si trovasse invece davanti ad una confusa indeterminatezza? Le mie ricerche hanno trovato risposta e conferma nelle parole di Umberto Eco che, in La Vertigine della Lista, sostiene che se non possiamo dare una definizione chiara di qualcosa, se non possiamo dire dove essa comincia e dove finisce, possiamo sempre ricorrere ad un’altra forma d’arte: la lista. Questa è l’idea: gli esseri umani hanno certamente prodotto e producono forme che suggeriscono l’infinitezza e si possono trovare sistemi simbolici e allegorici per rappresentarla, anche solo raffigurando un unico semplice elemento e non una moltitudine infinita. Molto ha a che fare con la percezione: ciò che viene percepito come infinito procura un senso di sublime e spaesamento, come le stelle infinite nel cielo, il mare e l’orizzonte. Questo stato psicologico e fisico può essere rappresentato attraverso immagini potenti e concettuali nelle quali, anche raffigurando una sola stella del cielo, può essere indotto uno stato di mirabile contemplazione dell’immensità che ci circonda.

Tuttavia, se il vero obiettivo fosse invece quello di rappresentare l’infinito numero di stelle nel cielo, l’intero universo o ancora l’infinito numero di emozioni e sentimenti che spesso abitano la mente e il cuore di un essere umano in un solo istante bisognerebbe necessariamente ricorrere ad altre forme di rappresentazione. Una di queste forme è la lista che spesso si nasconde all’interno di altre forme note e consuete con cui la moltitudine è catalogata e rappresentata: i racconti possono divenire liste così come le poesie; gli atlanti e gli archivi sono liste di immagini, luoghi, sentieri geografici più o meno percorsi. Come non pensare per esempio a George Perec, ai suoi Mi Ricordo o al suo Tentativo di Esaurimento di un Luogo Parigino in cui la descrizione stessa diventa un’ossessiva forma di elenco degli elementi molteplici che la percezione di quel particolare angolo di mondo reca con sé?

Ma le liste possono anche essere elenchi di immagini: un archivio può essere una lista ragionata di immagini pertinenti, una wunderkammer può divenirlo altrettanto, sebbene forse segua altri criteri di catalogazione o apparentemente nessuno. Molte opere d’arte o interventi artistici hanno il sapore di liste: Aby Warburg con il suo Mnemosyne crea un Bilderatlas potenzialmente infinito che contiene un migliaio di fotografie sapientemente composte e assemblate con l’intento di raccontare il mondo e la sua memoria fino a quel momento. Facendo poi un salto temporale ma parlando sempre di immagini, Erik Kessel con il suo famoso 24hrs Photos Installation riempie un’intera stanza di cumuli di fotografie stampate e scaricate dal web in sole 24 ore creando una wunderkammer dedicata ad una delle maggiori ossessioni contemporanee: l’immagine.

Le Liste Vertiginose è un lavoro nato dalla necessità di gestire la vertigine che provavo nel vedere sovrapposte e confuse molteplici idee, sensazioni ed immagini nella mente in particolare quando cercavo di rappresentare eventi relativi alla mia memoria personale e familiare, strettamente connessa al senso dei luoghi della mia infanzia. Come fare a non lasciar sfuggire tutto questo come i sogni che si dimenticano spesso appena si aprono gli occhi? Come riuscire a trattenere questa infinita molteplicità? Alla stregua di immagini mai fotografate o perse, Le Liste Vertiginose rappresentano un tentativo di inventario: si comportano come immagini ed invitano a pensare visivamente. Sono vicine all’idea di non-fotografia e non-fotografabile nella misura in cui un’immagine fotografica contiene magicamente se stessa e il suo contrario, la sua impossibilità e insieme una molteplice potenzialità di resa, espressione, rappresentazione.

Ho sfidato l’impossibilità di tradurre le liste in immagini decidendo, come in un atto poetico, di scriverle e poi fotografarle con una Polaroid: fotografare ciò che non può essere fotografato con l’idea di dare forma all’irrappresentabile e permettere nuove trasformazioni. Le liste in questo modo appaiono come immagini che producono una visione auto-evocativa e auto-sviluppante che si genera nel momento in cui viene catturata. Quando i ricordi si inabissano nell’immensità della nostra mente possiamo sempre ricorrere alle liste che riescono forse a recuperarli, ad organizzarli in inventari infiniti e potenziali, dando così senso a quello che non può essere completamente ricordato, tradotto, detto e visto.

In un mondo decadente la lista è potenzialità rivoluzionaria che aspetta di essere messa in atto, è una mappa ideale che aspetta di essere percorsa, è la definizione potenziale di un’enigmistica privata che attende atti poetici per essere espressa, attuata, liberata. 

Oliana Novella

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