Se il Mondo si ferma, la rivoluzione diventa South

È partito il primo ottobre 2020 il nuovissimo esperimento a cura di La Rivoluzione delle Seppie, l’iper collettivo – “internazionale, nomade e digitale – di professionisti creativi” che opera, da ormai quattro anni, a Belmonte Calabro.

Dalla voglia di creare una proposta alternativa di educazione non formale, nonostante il periodo di chiusura e distanziamento, e dalla volontà di portare avanti un’operazione di riattivazione delle aree marginali attraverso l’incontro tra studenti internazionali, nomads e locals, nasce South Learning – un’esperienza di formazione, Smart e molto South, caratterizzata da un approccio metodologico orientato al learning by doing e da una forte spinta verso il coworking, l’abitare collettivo e la prossimità.

Quando questa esperienza è iniziata la Calabria non era ancora in semi lockdown e l’esigenza di partenza era quella di trasformare – per un trimestre – un paese in provincia di Cosenza, di meno di duemila abitanti, in un laboratorio a cielo aperto, una residenza creativa per un gruppo di giovani architetti della London Metropolitan University.

Gli studenti, arrivati da ogni parte del mondo, da ormai quasi due mesi vivono, lavorano e studiato da remoto a Belmonte Calabro: abitano le case del centro storico, conoscono gli artigiani del luogo per raccogliere stimoli e usare laboratori e botteghe locali, operano in sinergia con i professionisti del settore e la comunità, mescolano background culturali diversi per ragionare sui loro progetti di costruzione e fanno lezione in streaming da La Casa di BelMONDO, uno spazio ibrido di coworking nato nel 2019 grazie a Crossings, uno dei tanti progetti portati avanti dall’Associazione Culturale Le Seppie e dal collettivo romano di architetti Orizzontale.

Questo squarcio di Sud, lontano dai centri urbani e sospeso tra mare e collina, pare assomigliare ai luoghi tanto cari a Peter Handke, “non quelli grandi, ma quelli piccoli, quelli sconosciuti […] quei luoghi senza fama né risonanza, contraddistinti solo dal semplice fatto che là non c’è niente, mentre intorno c’è qualcosa dappertutto”.

Belmonte Calabro, in questo processo di rigenerazione culturale e sociale, sembra rievocare la forza e la vitalità conservate proprio dove “non succede più nulla e non succede ancora niente”; è un paese che vive nella frattura del tutto possibile e proprio per questo può essere capace di avere un ruolo cruciale nella concezione del mondo che verrà dopo questa catastrofica pandemia.

Da quando la Calabria è la prima zona rossa del Sud Italia il South Learning, inteso come processo acceleratore di nuove modalità dell’abitare temporaneo, risulta essere una sperimentazione ancora più interessante, proprio perché sempre più aderente al suo contesto di riferimento.

Se il mondo si ferma, se Belmonte Calabro è in isolamento, allora la Rivoluzione diventa South e questo esperimento si configura sempre più come un osservatorio privilegiato sulla prossemica, come l’habitat adatto in cui studiare da vicino – nonostante il distanziamento sociale – come limiti e restrizioni possano adattarsi alle necessità della comunità e al quotidiano diventando opportunità e possibilità concrete.

In questo clima ovattato di incertezze e paure non ci resta che osservare l’intorno in maniera interrogativa, per riuscire a comprendere quanto sia importante lo sforzo che ognuno di noi, anche solo come abitante temporaneo, sta facendo per contribuire alla trasformazione delle architetture interne ed esterne che tutti i giorni siamo costretti a difendere.

Ora che lo spazio che abitiamo ci è imprescindibile, soprattutto perché imposto, serve discutere dell’importanza degli spazi pubblici, intesi come attivatori di catalisi, capaci di rendere il singolo collettivo e il collettivo inclusivo delle singolarità.

Come scrive Pavese, lo spazio in cui abitiamo ci serve per capire che non siamo soli, ci serve per sapere che “nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa”.

Ora più che mai è chiaro che è proprio da questo qualcosa che bisogna ripartire.

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Francesca D'Agnano
Meglio detta Franca. Classe 1991. Pugliese di nascita, bolognese di adozione, una laurea in Linguistica Italiana e la passione per il caffè senza zucchero. Cambia spesso colore di capelli, è una conservatrice seriale e adora scrivere a mano. Fa l'operatrice culturale e nella vita ha scelto di raccontare storie, cose e persone.