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Irina Belaeva. La riqualificazione come atto d’amore.

Arte sotto i piedi, tutta da calpestare.

Ho conosciuto Irina camminando per strada. L’ho conosciuta attraverso piccoli pezzetti di terracotta smaltata, cocci insignificanti che uniti davano invece vita a mosaici colorati, creazioni che riempiono i vuoti che l’incuria crea.

Ha deciso di chiamarli I tappeti di IRMA, ed è questo il nome che graffia sul cemento fresco accanto alle composizioni. Messina è una città in cui si cammina a piedi solo per estreme necessità, fatta eccezione per i runner, che non vedono l’ora di gratificarsi leggendo il numero riportato dal loro contapassi. Marciapiedi e passaggi pedonali passano in secondo piano agli occhi dell’amministrazione, e, parlandovi da raro esemplare di camminatrice, si nota: abbandonare rifiuti è quasi lecito, se coperti da un metro di sterpaglie non si vedono, e la piastrellatura darebbe la nausea a qualsiasi amante della simmetria, figurarsi le difficoltà che può causare a chi ha problemi di deambulazione o semplicemente ad un passante distratto.

 

Negli anni, sul viale Boccetta, come piccoli fiori, dal tra il quadrettato grigio, dove la pavimentazione risultava mancante o traballante, comparvero mosaici colorati dalle tessere irregolari. Una sorpresa per i pedoni in una zona di sbocco autostradale. A primo acchito si pensa ad un progetto di riqualificazione, ben studiato, l’adesione a un bando comunale per la Street art… Lo stupore è arrivato nel momento in cui capisco che si è trattato di un atto d’amore. Un gesto puro e semplice.

“Ho sempre desiderato di vivere vicino al mare, sotto le palme” sono le prime parole che Irina Belaeva (in arte Irma) quando le chiedo cosa ne pensasse della città dello Stretto. Lei, bielorussa di origine, cresciuta tra edifici di legno e pianure infinite, sognava di potersi godere ogni giorno l’aria salmastra e il vento caldo. E’ arrivata in Italia grazie al matrimonio con un siciliano, senza aspettarsi che un altro colpo di fulmine la avrebbe colpita: le desiderate spiagge erano adiacenti a strade larghe e ortogonali, eleganti palazzi di inizio XX secolo, architetture antiche e castelli, quelli della provincia messinese, che assomigliano tanto alle residenze dei re di cui le raccontava il nonno nelle sue fiabe.

– Perché è intervenuta su questi marciapiedi?

Lo chiama Patriottismo il senso civico che ogni giorno invochiamo di fronte all’egoismo degli incivili, forma mentis diffusa nel nord Europa, che qui langue e fa sentire alieno chi fa per gli altri senza voler ottenere nulla in cambio. Una patriota d’adozione che ama il luogo in cui vive più di tante altre persone che ci sono nate. “Dopo aver guardato in alto, meravigliata dalla bellezza e dall’arte, ho abbassato lo sguardo e mi sono dispiaciuta, non tutti vogliono bene a Messina quanto me”. Le sue parole sono semplici ma sentite. Un giorno, vicino casa, inciampò su di un tratto dissestato, una volta rialzatasi penso a chi avesse più difficoltà nel deambulare e a chi non sarebbe stato in grado di alzarsi facilmente quanto lei. Qualcosa andava fatto.

Del mosaico non sapevo proprio niente, né da dove cominciare né quale fosse il modo migliore di comporre il disegno, ho imparato da me. Sulla terrazza di casa c’era un muro malconcio che non volevo fosse solo ritinteggiato. Ho cominciato col raccogliere pezzetti di ceramiche colorate dai cassoni dei cantieri, e ho composto motivi ispirati alle decorazioni arabe e siciliane, decorando questa parete”.

Attraverso riflessi e textures casuali, si viene a delineare, istintivo e naif, lo stile di Irma, sperimentando e scoprendo cosa fosse in grado di fare. “La povertà fa girare il cervello” mi ripete più volte come un mantra. “Dopo aver capito come fare, ho guardato i tutorial di YouTube: la rete, il taglio delle tessere, il tipo di cemento, ho fatto tutto uguale! Questi video mi hanno copiato!”. E ridiamo un po’ insieme. “Dopo aver capito come fare ho ricordato dove fossero le falle sui marciapiedi del mio quartiere e ho regalato un po’ del mio tempo a chi passa.”

Passeggiando su e giù per l’erto viale è facile distinguere le sue composizioni più vecchie, geometriche e modulari, che lasciano più spazio al grigio del legante, da quelle più recenti, figurative dai soggetti che raccontano le nostre storie e la nostra storia.

– In pratica, si è improvvisata artista?

“L’istruzione del mio paese stimola molto alla creatività, molti moduli scolastici sono dedicati a lavori manuali. In più mia madre ci teneva molto che curassi il mio animo artistico per mantenere aperta la mia mente. Oltre a lezioni di pianoforte, mi mandava spesso ad uno studio d’artista ad imparare i segreti della pittura. Non mi piaceva dipingere, ma vedevo che chiunque intorno a me riusciva a far bene e con piacere, allora mi sono impegnata tanto, ed ho imparato le tecniche a olio e acquerello. I miei studi proseguirono su questo cammino, fino a diventare un insegante di tecniche pittoriche”.

– Sapeva già che gli interventi non autorizzati su suolo pubblico l’avrebbero sottoposta al rischio di una contravvenzione?

“Non lo sapevo e non potevo immaginarlo: com’è possibile che chi faccia del bene venga multato? E di quanto sia difficile ottenere un permesso preferisco non parlarne! Ne ho ottenuti due ed ho collaborato con un’associazione autorizzata alla cura del decoro pubblico. Ora però sono scaduti e al momento l’emergenza Covid19 e il depotenziamento del reparto cultura del comune, rendono tutto più difficile.”  

Ad oggi Irma e i suoi tappeti sono stati riconosciuti da critici e stampa nel loro stile e nel valore del gesto artistico, esempio di recupero culturale ed estetico di degrado pubblico invisibile agli occhi di chi ormai al peggio si è abituato.

– Ha pensato di andare in altre città a portare il suo stile ed il suo metodo?

No io voglio restare a Messina, voglio valorizzarla e far e in modo che i turisti che arrivano qui pensino che sia un posto interessante, che non vedano solo lo sporco e la trascuratezza. Alcuni amici mi hanno chiesto se volessi fare dei lavori su commissione, ma l’idea non mi entusiasma: preferisco creare per tutti e per i bene della città”

Credevo di esser rimasta l’ultima idealista al mondo, a quanto pare non sono sola.

E’ solo nel momento in cui le chiedo se ha ricevuto gratitudine dalla cittadinanza che un po’ si rabbuia. Racconta che le molte persone che l’hanno ringraziata e plaudita erano di età adulta. “Mi dispiace che i giovani stanno sempre con lo sguardo sul telefono e non so quanti si siano accorti dei miei mosaici, da loro non ho ricevuto feedback. Mi piacerebbe ci fosse più fermento e azione culturale, più iniziativa da parte dei giovani”. Continua dicendo “tra i rallentamenti dovuti al Corona virus e l’indifferenza, sento che sto perdendo l’entusiasmo: a me piacciono le storie a lieto fine.” Istintivamente le rispondo che sapere che qualcuno abbia creato queste piccole opere senza nulla a pretendere, esclusivamente come gesto di affetto e cura verso chiunque passando, le osservi e sorrida, è già una bellissima fiaba, quasi surreale, ma vera.

 

Adriana Cannaò

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Adriana Cannaò
Laureata in Operatore dei Beni Culturali, può definirsi un'astronauta che spazia dalla contemporanea astratta alla medievale con il cuore comunque riservato all'archeologia (ma questa è colpa di Indiana Jones). Blogger in cerca di storie e monumenti dimenticati, ha un debole per le cause perse, per questo impiega le sue forze per valorizzare la Sicilia e i giovani artisti. Il pallino per comunicazione digitale, gestione ed allestimento museale spesso le causano tremende gastriti nervose.