Perché Praga odia AirBnB

La trasformazione dell’abitare in un bene di consumo e come combatterla

I centri storici delle città d’arte si sono trasformati in acquari urbani, in barba a qualsiasi declinazione possibile dei mantra della teoria critica secondo cui il diritto alla città è il diritto di fare e rifare noi stessi e le nostre città, ovvero il diritto di cambiare noi stessi cambiando la città (D. Harvey, The right to the city). In Italia, i centri di città come Firenze e Venezia sono ormai in crisi di residenzialità, mentre abbondano le proprietà messe a reddito in maniera solo apparentemente amatoriale su AirBnB. Dopo aver letto l’articolo di Yuliya, ricercatrice e attivista di base a Praga, mi sono chiesta: ma che ci andremo a fare a visitare le grandi città europee tra cinquant’anni? Cosa troveremo? Musei dedicati all’evoluzione del mercato turistico? Biennali di boule à niege? A poco più di un anno dalla ratifica della Convenzione di Faro, una riflessione su che cosa è e cosa non è patrimonio culturale sembra d’obbligo. Sempre più cittadini si attivano contro le derive dell’economia della conoscenza di stampo tutto capitalista. Comitati e altri movimenti dal basso sono il cavallo su cui puntare se vogliamo davvero riuscire, da cittadini, a esercitare il nostro diritto alla città.

Valeria Morea

“Abbiamo perso le nostre case! In termini di esperienza e morale, Praga è in totale declino. Non ci sono politici che pensano al futuro (un futuro che non abbiamo più), contano solo i soldi…”, dice uno dei redattori della rivista pubblicata dal gruppo autorganizzato Bearable Living, che si batte contro la deriva di AirBnB a Praga. 
La rivista racconta storie di persone che abitano nei cosiddetti “hotels in residential houses”, edifici in cui la maggior parte degli appartamenti non è più dedicata alla residenzialità a lungo termine, ma prevalgono locazioni a breve termine, principalmente per turisti stranieri. Prima della pandemia, sul sito di AirBnB c’erano più di 15.000 appartamenti, con una capienza di 40.000 potenziali residenti.

Mappa degli alloggi AirBnB a breve termine a Praga centro. Courtesy of “V Praze Doma”

Le storie raccontate potrebbero sembrare divertenti. Invece, se si immagina che questa sia la realtà quotidiana del luogo più sicuro per antonomasia – la casa – non fanno più tanto ridere. Una residente del centro città descrive così la sua esperienza: “Per il momento non riesco a dormire nella mia camera da letto. Non è possibile a causa del chiasso… Non chiamo più la polizia, perché significa che non dormirò affatto … Per ora dormo in cucina (…). Quando c’è un rumore insopportabile, allora dormo in corridoio, su un tappeto. Di solito riesco a dormire tre giorni alla settimana. Ho iniziato a lasciare la mia famiglia e spostarmi in un altro appartamento per la notte, ma questo non aiuta molto, perché si trova sempre nel centro di Praga. Alcuni ragazzi britannici hanno alloggiato qui pochi giorni fa. Alcuni di loro sono tornati a casa verso mezzanotte e altri alle 4 del mattino. Non riuscivano a entrare in casa perché troppo ubriachi, urlavano e prendevano a calci le porte. Mentre chiamavo il proprietario, uno di quei ragazzi è scivolato sul terrazzo dal tetto. Pare fosse salito sulla scala fino al tetto, bastava un passo falso per rimanerci.”

Minzione pubblica, atti vandalici, arrampicate sui tetti, festini sui balconi in costumi da pene, lancio di oggetti dalle finestre, furti, derisione gli abitanti del posto e nottate nei corridoi sono diventate esperienze quotidiane per chi vive in questi “hotels in residential houses”. Come atto di resistenza, la gente del posto chiama la polizia e cerca di convincere i turisti ubriachi a comportarsi come si deve. Ovviamente, non basta. Per proteggere le loro case, gli abitanti del contro storico di Praga e di altri quartieri colpiti da AirBnB hanno iniziato una battaglia politica politica affiché la piattaforma sia bandita dalla città e gli appartamenti tornino a svolgere la funzione di alloggi a lungo termine anziché rimanere alla mercé di attività non regolamentate.

Questo odio verso AirBnB non è un fatto isolato. In molte città del mondo, persone e autorità locali stanno cercando di imporre misure di controllo sugli affitti a breve termine. Eppure, AirBnB non ha pià solo a che fare con gli affitti a breve termine. È diventato un simbolo della trasformazione dell’abitare in un bene di consumo. È una prova di come funziona la logica capitalista nella città: l’abitare è in vendita, non per soddisfare i bisogni umani. Chi se lo può permettere, può vivere; chi non può, deve andarsene.

Città come Barcellona, ​​Amsterdam, Berlino, Parigi hanno già introdotto delle norme a riguardo. Di tutta risposta, AirBnB ha escogitato una nuova tattica: ha iniziato a organizzare un movimento sociale per la deregolamentazione, usando i metodi dell’attivista e politologo Saul Alinsky. La piattaforma utilizza un’arma inventata dai movimenti di sinistra e dai sindacati del lavoratori proprio allo scopo di combattere le imprese che operano in maniera parassitaria sui bisogni umani. E, in contrasto con piccole iniziative come Bearable Living, AirBnB ha denaro, know-how, i migliori comunicatori, specialisti di media e lobbying e personale persuasivo addestrato. Sorge allora un quesito per noialtri: come resistere alla mercificazione delle città quando i mezzi di lotta democratici, che appartenevano alla gente comune, finiscono nelle mani degli investitori?

Paesaggio di Praga se gli alloggi turistici di AirBnB fossero costruiti come normali hotel. Courtesy of “V Praze Doma”

AirBnB per la deregolamentazione: come una battaglia per la democrazia è diventata dominio dei ricchi.
La nuova strategia di legittimazione, utilizzata da AirBnB, è descritta in un  report di Luke Yates, sociologo dell’Università di Manchester. Si tratta della capacità delle grandi società di “influenzare [le] istituzioni democratiche creando e coordinando movimenti sociali apparentemente indipendenti che agiscano per loro conto”. AirBnB utilizza gruppi coordinati di piccoli proprietari non professionisti e l’immagine pubblica di piccoli imprenditori. Ma l’obiettivo è tutelare gli interessi di coloro cui la piattaforma tiene davvero: i grandi investitori.

La strategia si basa su una rete di “club di home sharing”. Con il supporto della piattaforma, questi club fanno pressioni sui politici locali per la (de)regolamentazione. La piattaforma supporta i club aiutando gli host con le beghe organizzative e facendo partecipare personalmente i dipendenti di AirBnB alle proteste dei proprietari. I dipendenti della piattaforma forniscono educazione politica (in chiave neoliberista), creano storie per i media e redigono le policy per le quali i proprietari fanno pressioni. Vale la pena notare che ci sono alcuni club di home sharing che rifiutano di essere supportati dalla piattaforma, ma AirBnB li considera un fallimento. Il rapporto afferma che a livello globale ci sono 350-400 di questi club, che hanno fino a 9 membri, di cui il 40% negli Stati Uniti.

I club sono molto più sofisticati a livello comunicativo rispetto ai cittadini locali. Per esempio, i club di San Francisco hanno speso 8 milioni di dollari per opporsi ai tentativi di regolamentazione, hanno assunto attivisti della campagna di Obama, fatto 32.000 chiamate a 6.500 proprietari e convinto diverse centinaia di loro a partecipare alle udienze e alle proteste (provate a fare il confronto con la capacità di qualsiasi movimento urbano nella vostra città). Il Global Head of Policy and Public Affairs di AirBnB Chris Lehane (ex consigliere politico di Bill Clinton e Al Gore) ha considerato questa campagna un tale successo da voler replicare il modello di San Francisco in tutto il mondo.

Come funziona il processo organizzativo? AirBnB impiega dei “community organizers” per trovare i proprietari appropriati. Di solito sono host che possiedono un solo immobile e sono, preferibilmente, piccoli imprenditori che lavorano nel campo della cultura. Patrioti locali etnicamente diversi che idealmente hanno vissuto un’esperienza traumatizzante e la cui principale fonte di reddito è AirBnB. Il motto è “locale, precario e diversificato”. Yates cita uno dei dipendenti di AirBnB, Manny, dal Regno Unito, che spiega la logica alla base di tale selezione: “Quindi, quando ci sono consiglieri locali e persone là fuori che dicono “AirBnB è terribile’, si ritrovano questi host, che diventano il volto delle campagne e del movimento di mobilitazione, che dicono “No, sono solo Dan di Leith e ho solo bisogno di guadagnare un po”, oppure: ‘Sono stato licenziato dal mio lavoro’, ‘Ho un problema di salute’, ma è tutta una presa in giro”. 

Dopo la selezione iniziale, avviene il primo incontro. La prima conversazione one-to-one tra un organizzatore della community e un proprietario si svolge in un ufficio AirBnB. Proprio come nel classico processo di organizzazione, il proprietario riceve un piccolo compito motivazionale (tipo firmare una petizione). Il secondo incontro si fa a casa del proprietario, dove si sente a suo agio. L’obiettivo di questo incontro è instaurare un rapporto di fiducia. L’organizzatore aziendale cerca di capire se la storia del proprietario è compatibile con la narrativa desiderata da AirBnB. Seguono ulteriori incontri con altri titolari che mirano a costruire relazioni personali. L’obiettivo è trovare leader locali fidati, che saranno in grado di coordinare i club di home sharing nelle lotte per la deregolamentazione.

Poster anti-AirBnB

L’aspetto problematico del lobbying aziendale è l’assoluta assenza di trasparenza. La piattaforma afferma pubblicamente di non avere nulla a che fare con i club di home sharing. Ciò significa che il pubblico e i politici potrebbero non sapere che non si tratta di un’espressione della volontà democratica dei piccoli proprietari, ma una strategia aziendale con un chiaro obiettivo di business. Inoltre, AirBnB è una piattaforma che rifiuta ripetutamente di collaborare con il settore pubblico (principalmente, per quanto riguarda la fornitura di dati). In alcuni paesi, come la Repubblica Ceca, viola diverse normative, come le norme su edilizia e mercato in quanto utilizza appartamenti a scopo residenziale. Infatti, è difficile affermare con tranquillità che AirBnB sia un’attività democratica. Al contrario, la piattaforma abusa di strategie e tattiche dei movimenti sociali per scopi asociali. A lungo termine, rafforzano la gentrificazione, portano a una situazione abitativa inaccessibili, al deterioramento delle comunità locali e dei quartieri e, spesso, erodono la sicurezza e inducono i residenti ad allontanarsi.

Yates sostiene inoltre che anche altre piattaforme, come Uber o Lyft, siano interessate alle strategie dei movimenti sociali. Quindi, c’è da aspettarsi un’espansione della creatività aziendale con implicazioni ancora più serie per la democrazia. Inoltre, queste tendenze portano all’indebolimento della fiducia nei processi democratici e ad una significativa partecipazione politica.

Città forti come arma della Sinistra di oggi
Come mostra l’attuale realtà politica, le città, e non gli stati strettamente intrecciati con l’economia capitalista, sono in grado di combattere le forze neoliberiste molto più forti. Introducono politiche progressiste per le quali gli Stati mancano di coraggio. Non sorprende che le città, e non gli stati, guidino la lotta contro la finanziarizzazione degli alloggi e la mercificazione dello spazio urbano e creino nuovi modelli ecologici sostenibili e politiche sociali che soddisfino i bisogni dei cittadini locali. La lotta contro AirBnB non fa eccezione a questa logica.

Il movimento delle città, chiamato anche nuovo municipalismo, si basa sulla consapevolezza della popolazione sui temi locali e sugli stretti legami tra politici e cittadini a livello comunale. Anche la prossimità e i legami personali tra gli abitanti delle città giocano un ruolo importante in tutto questo. La forza e la legittimità di movimenti municipali come il famoso Barcelona en Comú risiedono proprio in tale prossimità. La piattaforma di Barcellona è attiva dal 2014 e promuove principi di giustizia sociale (compresi i diritti alla casa e all’assistenza sanitaria), economie socialmente ed ecologicamente sostenibili, democratizzazione delle istituzioni politiche municipali e responsabilità etica dei politici espressa attraverso misure come il tetto salariale, trasparenza o elusione di prestiti da istituzioni che emettono debito. All’inizio della sua esistenza, Barcelona en Comú operava tramite assemblee pubbliche, durante le quali la politica si faceva per le strade, senza rappresentanti o istituzioni ufficiali. Per dire, l’attuale sindaco di Barcellona, ​​Ada Colau, proviene dal PAH (Platform for People Affected by Mortgages), di cui è stata per anni oratrice attiva.

Un altro movimento iconico è quello di Zagreb je naš (“Zagabria è nostra”), i cui rappresentanti hanno recentemente vinto le elezioni comunali nella capitale croata. Anch’esso ha radici nella politica dei movimenti sociali e delle lotte urbane. Nasce infatti dalla piattaforma Pravo na Grad (“Diritto alla città”) che lotta contro la privatizzazione degli spazi pubblici, l’eccessivo sfruttamento dello spazio urbano in generale e per la gestione collettiva dei beni pubblici. Una delle famose lotte della piattaforma è stata la campagna per lo spazio pubblico nel centro di Zagabria (We Won’t Give Away Varšavska Street) e contro la distruzione della fabbrica tessile Kamensko. La piattaforma e il movimento sono anche esempi di come una struttura di base orizzontale e una forma organizzativa più professionalizzata possano coesistere, essere flessibili e mutare forma, a seconda delle circostanze e degli obiettivi, in contrapposizione al percorso di professionalizzazione e burocratizzazione dei movimenti di base, tipico dell’Europa centrale e orientale.

Spilla di una protesta anti-AirBnB a Praga. Courtesy of Jakub Plihal

Contraccolpo: concentrazione del potere a livello statale e limitazioni della scena attivista.
Mentre i nuovi movimenti municipalisti come Barcelona en Comú si sforzano di aprire le città alla gente, anziché al capitale, non tutti i paesi presentano un terreno fertile per queste iniziative. A Praga, come in tutta la Repubblica Ceca, una politica abitativa statale marcatamente neoliberista (cioè si privatizza e deregolamenta il mercato immobiliare) ha portato gradualmente all’attuale grave crisi immobiliare. L’accessibilità degli alloggi a Praga è una delle peggiori in Europa: per comprare un appartamento bisogna risparmiare 14 stipendi mensili, che è più di quanto serva a Monaco, Berlino o Vienna. Pagare 1/3 (o anche di più per le famiglie vulnerabili a basso reddito) del reddito mensile per l’affitto è diventato la norma.

Il 73% dei 15.000 annunci su AirBnB è per uso commerciale (affittato per più di 90 giorni all’anno o di proprietà di investitori con più di una proprietà). Tuttavia, l’emissione di un regolamento di AirBnB ha richiesto anni. Come è possibile? Gli ostacoli principali sono due: l’accentramento del potere sulla regolamentazione della proprietà a livello statale e la pressione inefficiente dei movimenti urbani. Movimenti municipali come i citati Barcelona en Comú o Zagreb je naš si sono dimostrati abbastanza forti da combattere gli sviluppi urbani irregolari. Ma c’è anche da dire che, nei diversi paesi, esistono diverse culture politiche che influenzano le possibilità istituzionali, legali e politiche di governo della città: non si può fare politica progressista quando mancano di mezzi istituzionali e legali minimi per farlo.

Ed eccoci di nuovo a Praga. Mentre altre città europee possono emanare un regolamento di AirBnB, Praga non ha alcun potere legislativo per farlo. E mentre le leggi necessarie sono state proposte al parlamento, non sono mai state discusse dai politici statali. Non solo la regolamentazione degli affitti brevi, ma la questione abitativa in generale non può essere risolta a livello cittadino. Oltre alla legislazione, c’è anche il fatto che negli anni Noventa i comuni hanno venduto la maggior parte delle loro proprietà e, nell’universo capitalista, dove i proprietari dettano le regole, i municipi non hanno alcun potere reale.

Un ulteriore passo verso l’accentramento del potere è stato compiuto dalla nuova Legge sull’edilizia, che ha trasferito dai comuni allo stato il diritto di concedere i permessi di costruzione dai comuni e così, mentre le esperienze di molte città europee mostrano i vantaggi di comuni forti per la politica progressista, Praga è rimasta indietro e solo ora cerca di porre limiti molto modesti all’espansione dei developer. A questo si aggiunga la dilagante indolenza della politica, intervallata unicamente dalle spinte dal basso di cittadini, movimenti, iniziative. A Praga ce ne sono due e ciascuna hanno adottato una strategia distinta. Questi due esempi sollevano una domanda sulla strategia generale dei movimenti urbani: legale o radicale?

Un momento dell’azione “Stop AirBnB” a Praga. Courtesy of Jakub Plihal

La prima iniziativa è un gruppo auto-organizzato di proprietari di appartamenti: Bearable Living nel centro di Praga. Tra le varie cose che fanno, pubblicano la rivista in cui i cittadini condividono le loro storie, come abbiamo citato in apertura a questo articolo. L’iniziativa si sforza per l’applicazione di un particolare apparato legale e fa principalmente lobbying politico. In questa battaglia legale, l’iniziativa ha avuto successo: finalmente, c’è un verdetto del tribunale che definisce AirBnB un’attività commerciale e, quindi, soggetta a tasse e altre normative (ad esempio, è necessario esporre una targa che indica che si tratta di appartamenti AirBnB, in cui è anche indicato il nome del titolare dell’attività; gli affittuari devono pagare i contributi per l’assicurazione sanitaria e sociale, che invece non si applica ai locatori di lungo termine).

La seconda iniziativa è Stop AirBnB, di sinistra radicale, famosa per la sua azione diretta, che ha ricevuto un’attenzione mediatica senza precedenti. Gli attivisti hanno affittato un appartamento AirBnB e hanno organizzato una mostra pubblica sulla piattaforma, oltre a workshop, concerti e un intervento urbano: uno striscione lungo 12 metri su una torre storica nel centro di Praga. All’azione hanno partecipato il sindaco della città e i cittadini locali colpiti dalla deriva di AirBnB. Rispetto a Beareable Libing, di approccio più giuridico e di lobby, proponeva una narrazione coerente e accattivante: la città è da vivere, non da vendere. Tuttavia, gli attivisti sono caduti nella trappola di mettere troppa enfasi sulle azioni dirette invece che sulla politica strategica: dopo quest’unica azione diretta, l’iniziativa si è dissolta. E quando l’ala moderata della resistenza urbana aveva bisogno di aiuto con la narrativa dei media, i contatti dei giornalisti e l’attenzione pubblica, la sinistra radicale non c’era.

A causa della pandemia, molti AirBnB sono andati sul mercato a lungo termine, il che (oltre ad altre cose) ha portato a un calo degli affitti del 10%. Ci viene da dire che, quando si tratta di proteggere le case, il virus è stato molto più efficiente dei politici. Il calo generale ha dato luogo a piccole vittorie individuali degli inquilini, che chiedevano una diminuzione dell’affitto a causa della pandemia, e in molti casi hanno avuto successo (compreso l’autore di questo articolo). Tuttavia, né il virus né le soluzioni ad hoc rappresentano la strada verso un cambiamento sistemico. Sottolineando l’illegalità di AirBnB, le iniziative locali hanno creato la necessità di regolarlo, non di vietarlo. Per il momento, la strada degli affitti legali a breve termine è di nuovo in discesa, il regolamento non è ancora sul tavolo e Praga non ha ancora il potere legislativo per emanarlo.

Yuliya Moskvina

Questo articolo è la traduzione di  Why Prague hates AirBnB and how to fight it di Yuliya Moskvina apparso il 24 novembre 2021 qui: https://gpb.lt/why-prague-hates-airbnb/

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