Primarosa Cesarini Sforza

La materia e il perimetro

“Io non sono una linea retta, è un continuo di cose che si inseriscono costantemente. Per questo il processo creativo è sempre in atto. Noi portiamo il mondo dentro e lo accumuliamo.”

È arrivata la primavera. Fiori rosa e bianchi cominciano a sbocciare sugli alberi spogli di Roma. Il pallido sole torna a far capolino da dietro nuvole bianche cotonate segnando la fine del grigio inverno. Quale modo migliore di celebrare l’annuale ritorno alla vita se non con la celebrazione di un’altra vita, quella di Primarosa Cesarini Sforza. Nel Casino dei Principi nel Parco di Vila Torlonia dal 5 aprile al 2 luglio 2023, sarà ospitata la retrospettiva La Materia e Perimetro dell’artista curata da Michela Becchis. Attraverso la sua arte, indissolubilmente legata al suo essere, si srotolano qui cinque decenni di ricerca, sperimentazione e opere che tracceranno le storie, i viaggi e le emozioni provate davanti i paesaggi vissuti.

Il tempo è pura convenzione, poiché non è importante la cronologia quanto l’insieme del tutto: ogni pezzo aggiunto, ogni tecnica provata, ogni persona conosciuta è stato una tappa necessaria dell’itinerario che ha portato al risultato finale di una carriera esemplare. Nata da una rete famigliare chiamata Cascella Cesarini Sforza, il suo destino non poteva che essere quello di fare l’artista: “da sempre è stato chiaro che il mio mondo sarebbe stato l’arte, il fare, ricordo gli zii davanti al cavalletto, mi sembrava la vita di gente che si divertiva…”

Si parte dell’inizio, o meglio dalla fine. Il prezioso e affrescato piano terra del Casino è arredato con le coloratissime opere degli anni duemila, dove fiori, fili e uccelli contrastano lo stile ma al tempo stesso si sposano perfettamente con le decorazioni ottocentesche del Casino.

Contrariamente ai lavori che vedremo tra poco, l’esaltazione della natura in tutta la sua caoticità e cromia emerge quando ha finalmente deciso di tornare a casa e di fermarsi nella sua casa in mezzo al bosco in Umbria. È in queste opere che convergono decine di tecniche diverse (forgiatura, mosaico, cucito, modellismo, pittura, assemblaggio, scultura), apprese e sperimentate durante i decenni di viaggi; materiali “poveri” ai quali viene restituito un senso universale.

Quelle che spiccano di più sono il fitto intreccio di fili coloratissimi che fa da perimetro ai disegni, tecnica sperimentata e appresa tra le violente tonalità del Marocco dov’è stata per vent’anni di seguito (“il filo ha un demone suo, si impiglia, non risponde, con lui ti devi confrontare”), e l’utilizzo del piombo, con cui sono forgiate ossimoricamente le foglie applicate alle tele in modo da rendere più pesante la leggerezza dei fili.

Grandi collage, sculture sotto campane di vetro, tele, scatole, mobilio decorato, sono queste le espressioni artistiche che allestiscono il piano terra, risultato finale di un viaggio durato una vita.

Salendo al piano superiore procediamo a ritroso, andando dove tutto è iniziato. Un video illustra allo spettatore l’artista a lavoro, mostrando le sue incredibili doti manuali e introducendolo alla prossima sala. Qui lo spazio semplice e privo di decorazioni ancora una volta si sposa con le opere, che però ora sono candide, austere, minimaliste, espressione dei suoi anni sessanta-settanta e del suo primo grande viaggio negli Stati Uniti. Nel 1966, all’età di soli vent’anni, Primarosa si trasferisce in America, lasciando la casa a Piazza del Collegio Romano, per raggiungere suo padre. “La prima committenza è stata un grande mosaico davanti a una pasticceria italiana a New York nel 1967. Poi nel 69, anno in cui è nato il mio primo figlio, ho cominciato a fare le Scatole e le ho esposte da Allan Stone nel ’71. Le scatole sono un ammassarsi di oggetti che sembrano spingere e spingersi verso l’esterno. Un accumulo nello spazio. È fermare un momento, perimetrare la memoria.”

Tra il ’71 e ’72 si trasferiscono nel Wisconsin, dove tiene un corso di ceramica all’Università: “di quel periodo sono i disegni bianchi, perché solo quello vedevo dalla finestra: neve.” Tutto quel candore sarà presto spazzato via quando alla fine degli anni ’80 verrà scossa dal violento urto visivo dei colori marocchini.

Nella sala successiva si vedono gli scuri lavori realizzati tra gli anni ottanta e novanta: sulla parete di fondo i lavori che ricordano il periodo parigino, incapsulati in tipiche cornici bohémien.

E poi in mezzo alla sala un grande tavolo su cui poggiano decine di libri/diari, realizzati durante i suoi viaggi e in particolar modo in Spagna. Questi racchiudono tutta l’allegria e la spensierata caoticità del viaggio, dove ogni dettaglio, biglietto, pagina di giornale, disegno conduce a quell’episodio di vita vividamente congelato nei ricordi.

In questa bellissima mostra, Primarosa Cesarini Sforza lascia ai suoi interlocutori la possibilità di ricostruire tempo e spazio di ciascuna sua opera, di imparare a muoversi tra una molteplicità che non cerca una riduzione logica, ma che si distende in tutta la sua complessità come un paesaggio dentro cui siamo invitati a muoverci. 

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Nicole Greco
Storica dell'arte, archeologa e storica medievista, è in costante oscillazione tra ciò che è bello e ciò che è interessante. Nata in Italia da madre inglese, riesce a fondere "the best of both worlds". Ha imparato con gli anni a tramutare la sua indecisione in multidisciplinarietà.