Everybody talks about the weather

Il clima, il tempo e l’arte alla Fondazione Prada

Siamo sottoposti di continuo a informazioni, notizie allarmanti e nuovi studi sul cambiamento climatico. Ci avviciniamo ogni giorno di più al punto di non ritorno, una catastrofe avviata e ormai quasi irreversibile. Eppure, quanto ne sappiamo davvero? Quanto effettivamente vogliamo comprendere questa condizione universale? È una questione che tocca tutti, anche chi crede di esserne immune, in fin dei conti protetto dal disinteresse; ed è giusto che tutti sappiano.

Parliamo di clima, conosciamolo meglio, approfondiamo le nostre ricerche e conoscenze attraverso media non convenzionali. Chi ha mai detto che scienza e arte non sono ibridabili? Ce lo dimostrano anche gli impressionisti – tra gli esempi eloquenti offerti dalla mostra – che tempo, clima, meteorologia e arte sono strettamente interconnesse tra loro.

Da molti percepita come elitaria e inaccessibile, l’arte è la più antica e socialmente diffusa fonte di informazione. È tempo di scardinare l’errata concezione (molto ottocentesca, a ben guardare) che l’arte sia per pochi, un linguaggio non comprensibile a chi non l’ha studiata; è invece la più incisiva e popolare fonte di conoscenza a nostra disposizione, perché ha il potere di parlare a tutti. Vero che ognuno la percepisce in modo soggettivo, altrettanto vero che siamo tutti in grado di comprenderla.

La domanda che la mostra, presso la Fondazione Prada di Venezia, ha posto è: com’è stato affrontato il tema del clima nella storia dell’arte? Come viene affrontato oggi, nell’arte contemporanea?

L’esposizione raccoglie testimonianze da tutto il mondo e in varie epoche storiche, mettendo insieme una cultura globale volta alla sensibilizzazione e alla creazione di una coscienza collettiva.

Everybody talks about the weather” intreccia connessioni tra la ricerca accademica e scientifica, e ogni opera viene accompagnata da pannelli di approfondimento. Analisi scientifiche introducono i lavori di artisti del mondo contemporaneo, così come di artisti provenienti dall’arte del passato. Dati, statistiche, grafici e immagini, tutte ricerche compiute dal New Institute Centre For Enviromental Humanities (NICHE) di Ca’ Foscari, si connettono alle opere presentate fornendo una visione più approfondita dei fenomeni fisici e dei processi ambientali toccati dai vari artisti presentati.        

Alle Reden vom Wetter. Wir Nicht”. Tutti parlano del tempo, noi no, affermava l’Unione Studentesca Socialista nel 1968. Non parlare del tempo perché equivale a parlare di qualcosa di futile.

Il curatore dell’esposizione, Dieter Rölsträte, parte proprio da questa affermazione per ribaltarla ed esprimere un’opinione politica al riguardo, e mette a confronto il contesto culturale del passato alla ricerca scientifica odierna, smentendo il disinteresse per il cambiamento climatico, che invece oggi è al centro delle discussioni sociali ed economiche mondiali.

Alle Reden vom Vetter, Wir Auch”. Tutti parlano del tempo, anche noi. L’intento dell’esposizione è proprio quello di informare, di condividere con tutti gli esiti delle ricerche scientifiche degli ultimi vent’anni. Un’informazione che è stata trasmessa in modo intelligente e inclusivo, non limitandosi a parlare solo a chi padroneggia già una conoscenza e un linguaggio per poter comprendere gli astrusi termini scientifici, ma di aprire le sue porte anche a chi si affaccia, magari per la prima volta o senza dei fondamenti solidi, a questo argomento. Non vi è esclusione o elitarismo dell’informazione, ma nessuno viene imboccato. Si tratta comunque di una comunicazione saggia e completa, che richiede al fruitore un certo livello di attenzione e disponibilità a immergersi in un linguaggio che non è comune a tutti. Al visitatore è richiesto di mutare, almeno per il tempo della mostra, il suo punto di vista, per imparare un nuovo linguaggio che gli permetta di godere dell’esposizione in maniera completa, cogliendone l’intento primario: la condivisione della conoscenza e la diffusione della consapevolezza.

Perché è fondamentale parlarne. Perché parlare, informarsi ed essere consapevoli è un atto politico, oggi più che mai riconosciuto. Più la conoscenza viene diffusa, più la consapevolezza dilaga, e trovare una soluzione diventa possibile; cambiare la nostra sorte cambiando il sistema diventa possibile.

“We Are Opposite like That”- Himali Singh Soin

Le opere trasportano l’osservatore in ogni parte del globo, durante numerose epoche storiche; sott’acqua, in Antartide, prima nel mondo odierno, poi nell’Ottocento, riuscendo magistralmente a inserire l’occhio dello spettatore esattamente dove è opportuno per far cogliere uno specifico messaggio. Così ci si ritrova prima ad assistere a un’esplosione nucleare, poi a immergersi nei ghiacci della ‘piccola era glaciale’ avvenuta tra il Cinquecento e il Seicento e descritta da Bruegel in Cacciatori nella Neve.

Himali Singh Soin ci trascina in luoghi inaspettati come l’Artico, e riesce a rendere ospitale un ambiente non adatto all’essere umano (non che questo lo abbia fermato dal colonizzare anche il luogo più remoto). Un ambiente dove è l’uomo a essere in netta inferiorità e dove una natura inospitale e aspra circonda e minaccia l’artista. Ospite o intruso nella tundra artica.

Si approfondiscono le dinamiche e le funzioni di esseri viventi che hanno ruoli importantissimi e talvolta inaspettati per il prosperamento del pianeta, come gli insetti impollinatori, o i funghi.

Tutte le ricerche presentate nella mostra sono raccolte in ampie “stazioni di ricerca” dov’è possibile consultare le bibliografie e i documenti per condurre autonomamente un percorso di ulteriore approfondimento scientifico e culturale, oltre a quello presentato nel corso dell’intera esposizione.

La mostra cerca quindi di toccare tutti i possibili aspetti della vita sulla Terra, dell’effetto dei suoi abitanti e della loro evoluzione nel corso delle ere susseguitesi. Catastrofi indotte dall’uomo, cataclismi naturali, cambiamenti climatici ed evoluzioni; come queste hanno avuto effetto sulla vita in quel preciso momento e come determinati eventi hanno tutt’ora ripercussioni sul pianeta tutto.

Non si manca ovviamente di sottolineare e denunciare la responsabilità dell’uomo in questo ampio quadro evoluzionistico; di come l’essere umano abbia colonizzato e spadroneggiato su tutto ciò che gli è stato possibile conquistare, e degli effetti che ad oggi sono ben visibili e preoccupanti, che minacciano la vita intera, anche la nostra, che ne siamo diretti o indiretti responsabili. Ora, nessuna apologia può salvarci dalla responsabilità che abbiamo, ma i passi nella direzione della salvaguardia e di una maggiore conoscenza senza distruzione dell’ambiente che ci ospita sono possibili. Si tratta di una presa di coscienza.

La visita è stata carica di stimoli e di interesse, ma non priva di angoscia. Nella mia esperienza, è una delle prime volte in cui un senso così incombente di disagio e l’inevitabile senso di colpa, per essere parte e partecipe del sistema, sono accompagnati da una credibile speranza per un possibile futuro di maggiore consapevolezza e cambiamento, senza che nessuno possa sentirsene deresponsabilizzato.

di Lavinia Di Tanna

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