L’equilibrio tra Bene e Male

Forse un commiato, certamente una visione

Il 2024 si è aperto con l’uscita dell’ultimo film di animazione del Maestro Hayao Miyazaki. Il ragazzo e l’airone, fresco di Golden Globe, è l’ultimo film dello Studio Ghibli ed è (forse?) un messaggio di commiato. Così appare fin dal titolo originale, che già ci predispone alla visione con un altro spirito: Kimi tachi wa dō ikura ka può essere tradotto letteralmente con “e voi come vivrete?”.

È una domanda retorica o una sorta di indagine? Non è un titolo scelto a caso. Se ricerchiamo un fil rouge all’interno della filmografia di Miyazaki, questo consiste in modo chiaro nella ricerca di risposte su come vivere e come affrontare le avversità che si possono presentare lungo l’esistenza. Un po’ come accadeva in certi tipi di teatro (la Commedia dell’Arte, l’Opera Cinese o il Nō) si può notare come ci siano sempre dei tipi di personaggi che ricorrono: il protagonista (a volte maschio, altre femmina), il deuteragonista (qualche volta co-protagonista), le vecchine, animali parlanti e un’entità malefica, più o meno esplicita.

Costruire tutta una carriera creativa su questi tipi ha fatto sì che il pubblico internazionale sappia bene che quando inizierà la visione del film sarà trascinato in una storia dalla trama onirica, ma anche fortemente sociale e delicatamente filantropica. Il personaggio principale, di solito, è chiamato fin dalle prime battute a fronteggiare le avvisaglie del Male e decidere come agire, perché nell’azione troverà Senso e Giustizia.

Il quadro generale è chiaro, ma “Il ragazzo e l’airone” offre un piccolo cambio di registro. Si capisce che Miyazaki ha utilizzato questa sua opera come commiato: nato con la volontà di raccontare la storia dell’amicizia con l’altra metà dello Studio Ghibli, Isao Takahata (il creativo autore di capolavori come “Una tomba per le lucciole” e “La principessa splendente”), alla morte di quest’ultimo Miyazaki ha scelto di cambiare completamente i piani e – azzardiamo – con questo peso della morte di un fratello ha preso la strada del saluto, con una celebrazione della vita.

La storia si svolge durante la Seconda Guerra Mondiale. Mahito è un ragazzino di 12 anni che perde la mamma in un incendio all’ospedale di Tokyo dove era ricoverata e, insieme al padre, si trasferisce fuori città. In questo luogo di campagna incontra la nuova compagna del papà, la grande casa dove vivono i domestici e soprattutto una Natura prorompente. Ben presto il ragazzino si troverà a conoscere l’airone cenerino che sarà il suo traghettatore verso l’avventura, e con il quale svilupperà un rapporto di amore/odio.

Un mondo parallelo, fatto di figure forti, decisive nello sviluppo della coscienza di Mahito. Uno degli aspetti più belli di questo personaggio è l’accoglienza; con un carattere particolarmente forte e anche un po’ arrogante, il ragazzo rimarrà aperto alle possibilità durante tutto il suo viaggio alla ricerca della cosa migliore da fare: una delle tante capacità del Maestro è quella di non giudicare le azioni dell’essere umano, ma di dare un’indicazione su come spera che le persone reagiscano agli sbagli che si possono commettere. Un altro punto nodale del film è l’espressione del Tao. Non esiste bene senza un punto di male, non esiste male senza un punto di bene per mantenere gli equilibri. Perché la Giustizia di cui si parlava prima non è un’univoca o grande coperta sotto la quale le persone vorranno proteggersi dal maligno (si capisce che è qualcosa di parziale), ma è retta comunque su valori morali intoccabili.

Senza voler spoilerare nulla, ad un certo punto Mahito (il nome, non l’avevamo detto, in giapponese significa “persona onesta”) parla della sua nuova cicatrice come memoria della sua malvagità e questo non viene vissuto con il senso di colpa che attanaglia e annichilisce l’individuo, ma come comprensione che nell’interezza non possono esistere solo buone qualità. Che sollievo se si riuscisse a interiorizzare questo semplice concetto!

Della trama non vogliamo raccontare altro, bisogna lasciare certe dinamiche pure, interamente da scoprire, ma quello che invitiamo a fare è prendersi un momento di raccoglimento prima di cominciare la visione. Si sentirà forte il calore di quello che è l’amore per la vita, la forza che ci spinge a far sì che valgano i giorni che passiamo su questa terra, in questo corpo, ma si percepirà anche come sia essenziale sviluppare la capacità di lasciar andare, permettendo alle cose di seguire il proprio flusso e la propria storia, senza dover necessariamente intervenire per cambiare il corso degli eventi. Un grande abbraccio che ci consolerà nel salutarci.

di Deborah Gheller

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