Cento anni di Joseph Beuys: la scultura sociale oggi

Dalle riflessioni del grande artista a come l’arte sia viva e attiva nel contesto odierno

Oggi, 12 maggio 2021, ricorre il centenario della nascita dell’artista tedesco Joseph Beuys. In questi mesi lo stato della Renania settentrionale-Vestfalia si è preparato a ricordare una delle figure più importanti dell’arte del Novecento: l’artista sciamano che con le proprie opere e il proprio modo di pensare ha ispirato intere generazioni. Per celebrare la ricorrenza il Ministero della cultura e della scienza dello stato federale, in collaborazione con l’Università di Düsseldorf, ha avviato il progetto Beuys 2021- 100 years of Joseph Beuys: per tutto l’anno, attraverso mostre, concerti, seminari e spettacoli si tenterà di esplorare il lavoro dell’artista con uno sguardo interdisciplinare e contemporaneo, coinvolgendo le comunità di dodici città della zona e venti istituzioni tra musei, enti pubblici, università e centri della cultura.

Ma perché parlare oggi di Joseph Beuys assume un’importanza peculiare? 

Beuys è considerato uno dei rappresentanti più emblematici della corrente concettuale dell’arte contemporanea, la cui ricerca artistica procede di pari passo con lo sviluppo di una singolare visione dell’uomo e della società. Un importante esempio del modo di agire dell’artista-sciamano è costituito dalla sua attività come docente, destinata ad avere una grande influenza sui suoi allievi. Beuys, infatti, nel 1961 occupò la cattedra di scultura monumentale all’Accademia di Belle Arti di Düsseldorf, dove è risaputo che egli ammettesse ai corsi tutti gli studenti che non avevano superato le prove di ammissione, cosa che ben presto gli costò il licenziamento. Secondo l’artista, costoro erano i più bisognosi di insegnamento. Beuys, infatti, non concepiva la creatività come un dono, un talento riservato a pochi, ma al contrario, come una caratteristica propria di tutto il genere umano, che può essere accesa nei singoli individui attraverso lo stimolo della loro mente. Egli amava confrontarsi con i propri studenti, perché la comunicazione, il dialogo e il dibattito costituivano il suo strumento per accendere le loro coscienze.  

Una delle attività artistiche più interessanti di Joseph Beuys è quella che lui chiama scultura sociale, ovvero quella che viene messa in atto attraverso la parola. L’artista elimina gli elementi tradizionali dell’arte, come i pennelli, le tele o la materia, e fa della voce il suo più grande strumento di creazione. Beuys definisce le proprie lezioni come sculture, in quanto ritiene che quei momenti siano in grado di scolpire le anime di chi ascolta, lasciando qualcosa di indelebile, capace di generare nuovi pensieri e nuove consapevolezze. Egli non si definisce un professore, perché l’arte è per lui il mezzo per generare questo cambiamento, la modalità per risvegliare il genio dentro ogni persona, spento dalla passività dell’esistenza. Nelle sculture sociali Beuys si serve di materiali invisibili, come parole, gesti, suoni e comportamenti, al fine di attuare una nuova relazione tra esseri umani, in grado di innestare riflessioni e accendere la creatività. 

Oggi risulta particolarmente importante portare alla mente le riflessioni di questo artista non solo per la ricorrenza dei cento anni dalla sua nascita, ma anche perché permette di ricordare quanta forza ci sia nell’arte, nella cultura e nell’insegnamento. Troppo spesso in questo periodo di stasi, che ormai va avanti da un anno, si sente dire che il mondo dell’arte e della cultura sono fermi, che le istituzioni ad esso connesse sono chiuse ed in attesa, come se questo volesse dire che l’arte così non possa operare. Pur non negando le difficoltà che sta vivendo l’intero settore, è giusto sottolineare che la potenza e la capacità di comunicare dell’arte non sono strettamente vincolate ai luoghi tradizionali in cui è designata la sua esposizione e fruizione. Molte istituzioni culturali non sono aperte al pubblico, attendono di ripartire, ma l’arte non si è fermata. Come dimostrano le sculture sociali di Joseph Beuys, l’arte resta viva laddove si parla di arte, dove c’è dialogo, pensiero critico, circolazione di idee e scambio tra individui. La fruizione resta senza dubbio un momento fondamentale per l’esperienza artistica, ma è bene considerare che l’arte non è bella solo da guardare, ma è soprattutto bella da pensare. 

Se domani ci svegliassimo nella cittadina di Kassel, forse non sarebbe possibile visitare l’importante Museo Federiciano, le cui porte sarebbero chiuse a causa delle restrizioni per la pandemia in corso, ma basterebbe passeggiare per la città per “respirare” l’arte. Nel 1982, infatti, Joseph Beuys venne invitato a partecipare alla settima edizione di Documenta (manifestazione internazionale che si svolge ogni cinque anni nella città tedesca) e per l’occasione l’artista scaricò di fronte a una delle principali sedi espositive della manifestazione settemila mattoncini di basalto. L’operazione messa in atto da Beuys si chiamava Settemila Querce: chiunque poteva acquistare un mattone, il cui ricavato avrebbe permesso di piantare un albero nella città. L’operazione si è formalmente conclusa, con l’acquisto dell’ultima pietra, nel 1987, un anno dopo la morte dell’artista, ma la portata di questo gesto creativo è ancora molto lunga. Infatti, dovranno passare circa trecento anni prima che tutte le querce siano completamente cresciute. L’azione di Beuys oltrepassa i limiti temporali dell’esistenza dell’artista e degli acquirenti, lasciando un’eredità di cui potranno beneficiare diverse generazioni a seguire. Quella delle Settemila Querce è una diversa forma di scultura sociale che anche oggi, in un momento di stallo, può comunicare con grande potenza, portando a riflettere, generando cambiamenti e addirittura entrando nel ciclo vitale della natura.

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Margherita Fresa
Classe 1995, nata a Napoli. Questa città è stata solo il primo dei molti luoghi che negli anni ha chiamato casa. Laureata in Storia dell’arte, guarda con curiosità al mondo contemporaneo e alle forme che ci circondano. Ama scrivere per far chiarezza tra i pensieri e interpretare la realtà.