L’editoria esplora nuovi territori

Papiro, pergamena, carta, byte

Ogni volta sembra che il mondo debba finire, già Gutenberg era visto come un pericoloso sovversivo. Allo stesso modo, oggi ci si appiglia all’odore della carta (che a ben guardare, potrebbe segnalare delle muffe) e si teme l’irruzione del digitale nel mondo della parola scritta. Le frontiere avanzate dell’editoria sono state messe a fuoco, interpretate e discusse nella ex Centrale delle Aziende Elettriche Municipalizzate di Modena, oggi Laboratorio d’Innovazione.

Con il nome di CAVE (sotterranei dove si aggirano i cospiratori? La resurrezione sorniona dell’esortazione latina “sta’ attento”?) si è realizzata una sezione dello Smart Life Festival che ogni anno, dal 2016, parla di innovazione, di digitale e della nostra vita nella società contemporanea. L’edizione 2023 era incentrata sul tema “Generazioni”: dal 28 settembre al 1 ottobre, in vari luoghi della città emiliana, si sono svolti talk, esposizioni, installazioni e conferenze incentrate sull’osservazione dei processi sociali ed economici apportati dall’evoluzione tecnologica del nostro tempo e sull’analisi delle opportunità comunicative che questo continuo progresso crea nel dialogo tra generazioni differenti.

All’interno di questo contenitore versatile, CAVE si presenta come una sottosezione dedicata alle nuove frontiere dell’editoria e della cultura digitale, nel weekend a cavallo fra settembre e ottobre: “Exploration of independent publishing, creatives & ultra-editorial reality”. Per due giorni, dalle 10.30 di mattina alle 21.00 di sera, lo spazio è stato allestito in modo che gli editori potessero esporre prodotti, materiali e gadget, con la possibilità di raccontare attraverso talk, laboratori, istallazioni e performance musicali i propri progetti editoriali attraverso i linguaggi più consoni a ciascuno. Ogni editore aveva dunque uno tavolo su cui esporre magazine, stampe, pubblicazioni e manifesti e i più entusiasti raccontavano a quanti lo desiderassero quale era la loro idea e la loro storia: tra gli editori presenti, Ciao. Discoteca Italiana, Magazine Ŏpĕra, BOLO paper, Salò Magazine, FARMA 282, Libri Finti Clandestini, Senza Futuro Zine. Un palco con qualche seduta ospitava i vari talk durante il giorno mentre entrambe le sere si sono concluse con dj set.

L’accesso al padiglione EX AEM avveniva attraverso una sorta di esposizione visiva di immagini grafiche di varia tipologia: grazie ad una App scaricabile sugli smartphone era poi possibile, inquadrando ciascuna immagine, vederla in movimento e comprenderne la dinamica. Vi erano poi due installazioni, una di tipo sonoro e una di tipo visivo: qui, con visori di ultima generazione, era possibile scegliere la proiezione di uno tra due docu-film. Grazie ai visori 3D era possibile sedersi su sedie girevoli e usufruire della visione del film a 360°. In particolare, il film di montaggio in VR “Montegelato” di Davide Rapp è risultato divertente e interessante. Centinaia di sequenze cinematografiche si susseguivano in “un collage tridimensionale delle Cascate di Monte Gelato (vicino Roma) così come sono state filmate in oltre 180 produzioni tra film, serie tv e spot. Storia del Cinema e Storia dell’Umanità convivono in un inedito tableau vivant”.

La precisione di Rapp ha permesso allo spettatore di immergersi in queste bucoliche cascate che venivano proiettate tutto intorno a 360° a seconda della posizione della cinepresa. Così, ad esempio, se le cascate erano sul davanti, il viale d’accesso era sulla sinistra e il bosco dietro: lo spettatore doveva quindi voltarsi, sulla sedia girevole, a seconda del luogo da cui era ripresa la scena proiettata. Il film, presentato in concorso nella sezione Venice VR Expanded della 78^ Mostra Internazionale di Arte Cinematografica Biennale di Venezia 2021, rendeva visibili, grazie alla sequenza di scene girate tutte in uno stesso luogo, gli espedienti usati nel cinema dagli anni Sessanta ai primi 2000. La commistione dei generi, dai film storici ai film erotici e leggeri degli anni Settanta, dalle commedie agli spot pubblicitari, ha reso ritmica, leggera e coinvolgente la visione del video.

Il tema del digitale e l’idea stessa di un festival che avvicina il pubblico a temi che diversamente sarebbero accessibili solo a esperti del settore, così come il focus sulla nuova editoria e sul futuro delle pubblicazioni, risultano interessanti e originali: è il tempo giusto per esplorarne le dinamiche e le possibili opzioni sul piano della creazione e della produzione, così come su quello della fruizione. Tuttavia, la sensazione che si rileva, soprattutto se non si è pratici con quel mondo, girovagando un po’ sperduti dentro il padiglione è quello di essere non inclusi. Non ci sono modi di capire esattamente chi siano e cosa accomunino quegli innumerevoli progetti e lavori che hanno formati, supporti e modalità di mostrarsi così diverse tra loro.

Non vi è, nemmeno nella pubblicità del festival e nella mission esposta sul sito, una chiara spiegazione che renda possibile la comprensione profonda degli eventi, dei talk e delle istallazioni. Chi non conosce il mondo della cultura digitale fatica a districarsi tra queste molteplici forme di cultura spesso anche molto affascinanti, interattive e di qualità, che tuttavia rimangono come velate dalla mancanza di un discorso complessivo che spieghi come funziona, quando nasce, cosa rappresenta e che frontiere ha questo tipo di comunicazione. Attualmente questa spiegazione è affidata ai vari espositori e agli operatori che si trovano sul posto e alla loro spontanea volontà di raccontare e raccontarsi. L’iniziativa rischia così di rimanere usufruibile e apprezzabile da un’élite ristretta di addetti ai lavori, mentre sarebbe interessante capire come il pubblico dei non esperti possa dialogare con questo mondo digitale, non più bambino ma comunque destinato a una crescita intensa, indefinita e in buona parte imprevedibile.

di Catia Gallotta

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