Samara Tramontana riparte dal cyberbullismo e insegna come rispondere all’odio online

Nel maggio del 2022 l’Italia stava ancora vivendo le limitazioni della pandemia da Covid-19. Per moltissimi giovani e adolescenti il mondo dei social è diventato uno dei pochi punti di riferimento capace di garantire una sorta di normalità, in un periodo in cui il rischio di infezioni, tamponi, quarantene e contingentazioni sono quasi una quotidianità.

I creators spopolano: molti si appoggiano al Fondo Creator per garantirsi qualche guadagno tramite video simpatici o balli, proliferano le house, luoghi dove i giovanissimi (talvolta ancora minorenni) si radunano a vivere per ottimizzare la creazione di contenuti condivisi, sotto il controllo e la gestione delle loro agenzie. In questo mondo all’apparenza perfetto, ricco di sorrisi e leggerezza, all’improvviso scoppia il caso #Saraisoverparty.

I numeri raggiunti dall’hashtag sono immensi: milioni di condivisioni, i creators iniziano a prendere una posizione perlopiù (almeno in una fase iniziale) contro la ragazza in questione. Ma chi è Sara? E cosa è successo veramente in quei giorni?

Stardust House

Tutto ebbe inizio con la diretta di due giovani creators in cui una delle due si sfoga circa una ragazza di cui non vuole fare il nome, che sceglie di chiamare Sara, che avrebbe seminato zizzania all’interno della Stardust House. La sua colpa: la ragazza sarebbe stata con sette diversi ragazzi della sua house, anche quando questi già frequentavano delle colleghe. Nonostante non venga detto esplicitamente, siamo davanti all’accusa più vecchia del mondo contro una donna: sei una put*****.

In seguito a questa diretta, seguita da migliaia di ragazzi, nasce l’hashtag #Saraisoverparty: questo termine si traduce letteralmente con l’espressione italiana “la pacchia è finita”, ma indica anche un personaggio del web passato di moda o che si è deciso di “cancellare da internet”. L’identità di Sara rimane segreta per poco: in pochi giorni la ragazza viene identificata come Samara Tramontana e nel profilo della giovane creator si riversa una shitstorm, con insulti di tutte le sfumature, dal classico slut-shaming fino anche a veri e propri messaggi di minacce.

Facendo un passo indietro verrebbe lecito farsi alcune domande. Come mai nel 2022 (ma vale ancora oggi) una giovane che ha frequentato più ragazzi dovrebbe essere considerata una poco di buono o qualcosa di sporco? Ma anche come mai siamo così propensi a considerare gli uomini come degli animali indisciplinati, incapaci di controllarsi davanti al sorriso di una bella ragazza? Perché insomma la colpa dovrebbe ricadere sulla giovane single e non sul maschio impegnato, che a rigor di logica dovrebbe essere responsabile della propria relazione? Ma soprattutto: perché davanti a una situazione del genere la diretta interessata non è andata a risolvere la questione faccia-a-faccia con colei che ritiene “la colpevole”?

Se per rispondere alle prime questioni sarebbe necessario scomodare studi e il fastidioso concetto di patriarcato, per quanto riguarda l’ultima è presto detto: è più facile fare la voce grossa quando alle tue spalle raccogli una folla di sostenitori. Quando il termine “tro**” non compare in un unico messaggio, ma in centinaia o migliaia addirittura, ottiene l’effetto di umiliare, creare una pubblica gogna da cui, nel mondo dei social, è difficile (se non impossibile) sottrarsi. In breve il caso di Sara/Samara è qualcosa di antico, ma in una forma nuova: bullismo.

Secondo la definizione data dall’UNICEF, con il termine cyberbullismo si intendono quelle forme di bullismo che si sviluppano facendo uso di tecnologie digitali. Solitamente il teatro di questi eventi sono le piattaforme dei social media, ma episodi del genere si sono registrati anche nelle community di gaming (in particolare per questo fenomeno, in tutte le sue sfaccettature, è nota la community di LoL-League of Legends, videogioco online da cui nello stesso 2022 Netflix ha tratto la serie Arcane).

Il cyberbullismo comprende la diffusione di falsità sulla vittima, l’invio di messaggi minatori o offensivi, ma anche reati quali il furto d’identità o la condivisione di materiale intimo (facendo collidere pericolosamente questo fenomeno con quello del revenge porn). Nelle sue forme più gravi gli episodi di bullismo abbandonano la modalità online per sfociare in veri e propri atti di intimidazione e offesa nel mondo reale, spesso portati avanti non dal bullo ma dai suoi seguaci.

È un fenomeno che riguarda in particolare i giovanissimi, più esposti alla violenza dei social e privi degli strumenti per affrontare le conseguenze fisiche dell’odio online: si stima che nella fascia tra 11 e 12 anni il 17% dei ragazzi e il 21% delle ragazze abbia subito almeno in un’occasione un episodio del genere. Le vittime sono spesso ragazze, più facili da oggettificare e attaccare. Gli effetti possono essere devastanti: dallo sviluppo di stress, ansia sociale e depressione, fino a gesti estremi.

Secondo gli esperti si tratta di un fenomeno culturale e sociale accentuato dalla mancanza di strumenti per i genitori per comprendere, gestire ed educare i figli al mondo online: secondo i dati della Fondazione Carolina (nata nel 2013 in seguito al primo caso di cyberbullismo riconosciuto in Italia) a fronte di circa 80 000 ragazzi incontrati annualmente, solo 15 000 genitori si recano agli incontri e alle conferenze e di conseguenza sono preparati ad affrontare il verificarsi di episodi del genere.

cover del podcast Overparty

Nel 2022 Samara Tramontano aveva 19 anni: si è dovuta allontanare dalla house dove si è sviluppato il nucleo iniziale del dramma e ha subito per alcuni mesi le aggressioni verbali di coetanei e non, moltiplicate e riecheggiate sulle piattaforme del web. È riuscita a superare il trauma della vicenda grazie all’appoggio incondizionato della sua famiglia, che è stata a sua volta travolta da insulti. Da questo episodio la giovane creator ha saputo non solo riprendersi ma anche immaginare uno strumento a beneficio di tutti coloro che quotidianamente soffrono lo stesso calvario che ha dovuto attraversare lei.

Con l’appoggio della scrittura di Chiara Pagliaccia e la produzione di One Podcast è nato il progetto OVERPARTY, in cui ogni settimana Samara invita un creator, una figura di riferimento per la GenZ a raccontarsi e a raccontare l’odio sul web. Ciascuna puntata inizia chiedendo di scrivere l’insulto più frequente (o più sentito) sullo schermo di un computer e a partire da quello si inizia la discussione.

Al termine della puntata, dopo un meticoloso lavoro di decostruzione, l’ospite procede a cancellare la parola. Le tematiche spaziano a tutte le forme dell’odio: dal body-shaming raccontato nella sua doppia forma (come grassofobia e come invidia) da Vacca Power e Aurora Celli, al razzismo raccontato da Kiné Ndoye, fino all’aperta omo-bi-transfobia portata nella discussione da Charlie Moon.

Oltre ai suoi coetanei, Samara ha invitato anche Ivano Zoppi e Paolo Picchio, rispettivamente presidente della Fondazione Carolina, che si occupa di ricerca, prevenzione e sostegno alle vittime, e padre di Carolina Picchio, giovane originaria di Torino che nel 2013, a seguito di un episodio particolarmente grave di condivisione di materiale non consensuale e cyberbullismo, scelse di togliersi la vita. Dalla sua storia e dalla sua ultima lettera è iniziato un lungo percorso che ha portato alla condanna dei bulli e alla redazione della prima legge in Europa sul fenomeno (in vigore dal 2018).

Samara Tramontana con Fondazione Carolina

Ad oggi, come spesso avviene anche in altri ambiti, l’applicazione della legge è difficoltosa: spesso le vittime faticano a trovare la forza di denunciare o non vengono assistite correttamente, andando incontro all’archiviazione della propria pratica (come avvenuto anche a Samara, che contro questa archiviazione ha fatto ricorso).

Un elemento centrale che la giovane creator si impegna a sviluppare è l’educazione a come rispondere a queste situazioni, come agire davanti a bulli di cui spesso non si conosce l’identità (sempre più frequentemente nascosta dietro alias e fake). La strategia più importante consiste nel non rispondere agli odiatori del web e raccogliere tutte le prove di quanto si sta verificando: spesso, come si è visto, il cyberbullismo non si qualifica unicamente come un comportamento sbagliato, ma anche come un vero e proprio reato.

Progetti come quello di Samara sono estremamente importanti in una società sempre più incentrata sulla vita e sulla comunicazione online, in cui gli strumenti digitali stanno diventando una parte preponderante della quotidianità. Per una società capace di crescere in modo sano e giusto per ciascun suo componente.

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Valentina Brosolo
Storica dell'arte a cui non piace occuparsi solo di arte e grande appassionata dell'uso della parola: oggi si dedica alla progettazione culturale e alla divulgazione. Crede fermamente che il mondo si esprima primariamente tramite le immagini e che un post di instagram abbia la stessa dignità comunicativa di un quadro in un museo. Alla fine dei conti: la cultura è lo strumento che salverà il mondo.